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Spesso consultare uno psicologo/a è una seconda chance… Prima ci si prova da soli, si cercano risposte, si mettono in connessione sentimenti con fatti, eventi del passato con proiezioni nel futuro, volti ad emozioni, e poi, con un’analisi già imbastita addosso si chiede conferma, chiarezza, aiuto a qualcuno di cui non possiamo che conoscere il nome e la formazione professionale… a volte il volto e un indirizzo trovato in rete! Quanto è importante quel lavoro fatto prima! Quei tentativi di autoguarigione precedenti alla richiesta d’aiuto vera e propria… quell’istinto trasformativo che autonomamente ha provato a dare sollievo, a prendersi cura. L’intervento psicoterapico credo debba partire da questo: non indagare, ma chiedere, farsi raccontare dal paziente come pensa di risolvere il suo problema, restituirgli il ruolo di protagonista nella cura. “Eh, certo… se sapevo come fare mica venivo qua!” E nasce così la possibilità di “provarci insieme” creando strade percorribili di nuovo, nuovi punti di appoggio, nuovi sguardi, nuove spinte. Nella ricerca di un terapeuta ci si chiede quale approccio sia più “adatto”, quale metodo e tecnica siano “più efficaci”, quale studio sia più facile da raggiungere, ma poi quello che fa scegliere davvero è lo sguardo, la voce, la poltrona, e il sentirsi comodi in tutto questo… affidarsi!

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